
Breve introduzione:
Viviamo in un’epoca di forti contrasti, dove i confini tra verità, opinioni e schieramenti sembrano sempre più sottili e confusi. I social network, pur nella loro apparente neutralità, sono diventati il terreno principale di una polarizzazione che riflette non solo la politica, ma anche le dinamiche sociali, culturali e persino personali di ciascuno di noi. Questo post nasce dalla riflessione maturata in un contesto in cui, spesso, il silenzio diventa una scelta di consapevolezza. Restare in disparte non significa essere assenti, ma osservare con attenzione. È proprio da questa posizione che si colgono le sfumature del pensiero collettivo, i suoi pregi e le sue contraddizioni più profonde. Le parole che seguono vogliono essere uno spunto critico, una denuncia lucida ma non disperata della deriva che sta segnando il nostro tempo. È un invito a riflettere, a riscoprire l’integrità e l’autenticità del pensiero libero, al di là delle comode appartenenze che spesso sacrificano la verità sull’altare della convenienza o della paura. Con questa riflessione, spero di offrire un punto di vista sincero, un messaggio che possa stimolare il dialogo e, magari, far luce su quei percorsi alternativi che ancora resistono nella complessità della nostra società.
RIFLESSIONE CRITICA SU UNA DERIVA CULTURALE:
La presenza silenziosa nei social network ha una sua logica ben precisa. Permette di essere al corrente del pensiero dominante che circola tra la gente, ma consente anche di scorgere qualche voce che prende una direzione diversa rispetto alle due grandi correnti di pensiero, indirizzate dalle opposte sponde della politica italiana (discorso che vale ovunque, in ogni Paese).
Queste correnti di pensiero raccolgono al loro interno molte persone, incapaci, o peggio indisposte, a riconoscere il proprio fallimento nel distinguere il pensiero dal preconcetto, la convinzione dalla condizione, il bisogno di appartenere dalla capacità di affermarsi per ciò che si è realmente.
Stamattina mi sono imbattuto, ancora una volta, in commenti che dividono le persone in “sì vax” e “no vax”. Uso questi termini in modo corretto e lascio che Facebook faccia ciò che vuole del mio post, dando libertà alle sue sentinelle algoritmiche di operare per il fine per cui sono state create. Ma francamente, rimango basito. Non sono sorpreso, perché, pur non partecipando attivamente, tengo sempre una finestra aperta sui social e sulle piazze virtuali.
Non sono arrabbiato: sono dispiaciuto.
Non sono impreparato: sono deluso.
Non sono sorpreso: sono consapevole.
C’è però qualcosa che mi tormenta e che mi impedisce di trovare una serenità piena (cosa che non equivale alla felicità). È la consapevolezza della deriva inarrestabile in cui si trova l’intero Occidente, unico responsabile del tramonto di una storia straordinaria che, nel bene e nel male, l’ha visto protagonista.
Mi tormenta vedere l’essere umano incapace di far valere la propria integrità; la persona che si schiera per convenienza o, magari, per paura; chi accetta una posizione pur sapendo bene della disonestà di chi la propone.
Ogni volta che leggo o sento qualcuno esprimersi con il linguaggio prefabbricato di un politico o di un giornalista—soldatini obbedienti al caporale (l’editore), a sua volta servo dei superiori (i politici)—sento di perdere la mia naturale e spontanea positività.
Sono tantissime, purtroppo, le persone che si adattano a questo schema, mentre è sempre più raro trovare un desiderio autentico di verità, di lealtà, di obiettività, e quindi di rispetto verso l’intelligenza altrui.
Questo vale per l’argomento che ha ispirato il mio pensiero, ma vale per qualsiasi fatto, quando la lettura degli eventi si fa faziosa, distorta, partigiana. Gli esempi sono innumerevoli e tristemente simili: vergognosi. Pensiamo a Putin e Zelensky, a Netanyahu e la Palestina; il cambiamento è minimo, quasi irrilevante. Tutto è straordinariamente evidente, così semplice da comprendere che appare impossibile sbagliare nel giudizio.
La storia, sebbene spesso trascurata, ci offre strumenti utili. Mi riferisco non solo alla storia “lunga”, ma anche a quella breve, quella che precede gli eventi che stiamo vivendo. Eppure, niente cambia: ciò che conta è schierarsi in una delle due improbabili fazioni, ormai definitivamente “omologate” con l’ingresso sulla scena della più grande manipolazione della storia occidentale, accaduta ormai un lustro fa.
Dispiace, profondamente. È una situazione irreversibile. L’unica consolazione, se così si può chiamare, è esserne lucidamente consapevoli.