LA MISERIA DELLA GUERRA E LA POSSIBILITÀ DI CAMBIARE IL CORSO DELLA STORIA

L’essere umano non ha mai saputo smentire se stesso. Nel lungo viaggio attraverso i tempi, gli uomini al potere, quando si sono trovati di fronte a crisi o fragilità, pur di non perdere la loro posizione dominante, non hanno esitato a spingersi fino alla guerra.

Le guerre, lo sappiamo, non scoppiano sempre e solo per le ragioni ufficialmente dichiarate. Più spesso, sono il risultato di motivazioni simili o strettamente collegate alla mera volontà di supremazia, alla difesa dei privilegi acquisiti, al desiderio crescente di controllo. Per costoro, la guerra non è follia, ma la prosecuzione dell’ambizione egemonica con altri mezzi. È il punto estremo in cui la ragione si piega alla forza, e il potere si consuma (mai abbastanza) divorandosi dall’interno.

Non sempre si tratta di crudeltà, che sarebbe persino più facile da spiegare. Molto più di frequente, è frutto dell’assurda convinzione di avere diritto su tutto e su tutti. È quella pretesa tanto pericolosa quanto radicata, secondo cui l’ordine e soprattutto il controllo devono essere preservati anche a costo della sofferenza e del sangue. Sofferenza e sangue che, quasi sempre, ricadono sul popolo.

La pace, così, rischia di non rappresentare il contrario della guerra, ma, tragicamente, solo una pausa ingannevole da gestire con malevola lucidità. Chi detiene il comando pare considerarla più uno strumento tattico: un intervallo da amministrare nell’attesa del prossimo scontro.

Oggi il mondo è segnato da oltre 50 conflitti armati attivi. Questo dato non è solo un numero, ma dovrebbe essere un monito. Un invito a riflettere sulla reale natura di quei soggetti che detengono il potere, che siano stati scelti o imposti, e sulle priorità che guidano le loro decisioni, spesso assai lontane dal bene comune.

Molte guerre, inoltre, sono raccontate in modo distorto o travisato: tutti impegnati a divulgare narrazioni non coerenti con la realtà, costruite per occultare la messa in opera di strategie diverse (Regime Change, operazioni di polizia internazionali, esportazione della democrazia). Un esempio lampante dell’ipocrisia con cui coloro che detengono il comando, insieme ai loro fedeli esecutori, raggirano i popoli, negando loro la verità e mascherando la guerra dietro operazioni militari o diplomatiche mai reali nei fatti.

La storia si mostra con un susseguirsi di equilibri precari, mantenuti da chi impone la propria prepotente volontà nell’indifferenza, o peggio, nella complicità di chi preferisce vivere sottomettendosi codardamente. Tra questi ultimi, molti si muovono strisciando, bramando ingannevoli e spesso superflui privilegi, pronti persino a negare al proprio fratello quel minimo vantaggio che potrebbe alleggerirgli le responsabilità e le difficoltà del quotidiano, pur di non mettere a rischio la fragile posizione che hanno ottenuto.

Oggi più che mai, gran parte del potere globale sembra concentrarsi in mani invisibili ma influenti, la cui ascesa e il cui consolidamento si sono sviluppati lungo un percorso storico che ha modellato la geopolitica contemporanea. Non è difficile individuarli.

Nietzsche ammoniva: «Chi lotta con i mostri deve guardarsi dal non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.»

Il potere che si affida alla guerra per difendere se stesso rischia, infine, di essere divorato dalla stessa oscurità che intendeva dominare.

Eppure, nonostante i giochi d’ombra, le narrazioni manipolate e l’insorgere ciclico dei conflitti, alcuni di noi conservano, come individui, un inestirpabile seme di speranza e coscienza. È proprio lì che risiede la possibilità di cambiare il corso della storia. Il pensiero critico, la capacità di vedere oltre le menzogne ufficiali, la volontà di condividere parole vere e azioni concrete possono trasformare la fase storica che stiamo vivendo in un’autentica occasione di rinascita