Fede, rivolta e verità

Scrivo ancora. Lo faccio spesso. Scrivo per necessità, per fare chiarezza dentro di me, mentre assisto ogni giorno a un mondo che tradisce i suoi valori più sacri.
E mi scopro debole, perché cado spesso proprio in quelle trappole che dovrei saper evitare, in quelle scelte in cui l’esperienza avrebbe dovuto ormai insegnarmi a non inciampare.

Ma la mia indole non conosce la resa. Così, come accetto di pagare e di faticare per i miei errori, sento anche il bisogno di condividere un desiderio profondo: quello di una rivalsa collettiva.

Negli ultimi tempi, gli eventi si sono succeduti con una frequenza insolita. Mi costringono a riflettere, ogni giorno più a fondo, mentre viviamo immersi in fiumi di ingiustizia, travolti da valanghe di ipocrisia e da un’indifferenza sempre più diffusa. Un’indifferenza alimentata da un conformismo fasullo, pronto a giustificare anche il peggiore dei comportamenti, soprattutto da parte di chi, nel caso leggesse queste parole, griderebbe al proprio sdegno di fronte a uno sfogo che definirebbe “incomprensibile” e “infondato”.

Fatico molto. Perché, avendo imparato a contenere la mia impulsività, sono costretto a incanalare tutto nel pensiero, nell’analisi, nella metabolizzazione lenta e profonda delle cose.

Mi sostiene una consuetudine silenziosa: parlare con Dio. Lo faccio spesso, ma ne parlo poco. Perché il rapporto con il Creatore non è qualcosa che si può esporre ovunque.
Anche perché, oggi, credere in Dio è quasi un atto di ribellione.
Pregare Gesù poi, nominarlo con rispetto, affidargli le proprie speranze… è diventato per molti motivo di scherno.

Chi crede viene facilmente etichettato: ingenuo, fuori tempo, talvolta fanatico, più spesso bigotto.
Ma io non vivo alla ricerca dell’approvazione altrui. Cammino secondo ciò che credo.

Credo in Dio. In quel Padre che ci attende oltre la materia.
Il nome che gli attribuiamo non conta. Neppure la forma della preghiera è ciò che importa.
Conta il cuore.
Conta la sincerità con cui ci inginocchiamo per chiedere conforto, perdono, protezione.
Conta l’onestà con cui imploriamo salvezza per noi, per chi amiamo, per chi soffre.

E tuttavia, la mia fede non è cieca. Non posso ignorare il tradimento di chi, rivestito di autorità o di abiti religiosi, ha svuotato la coscienza, venduto la verità, disonorato ogni principio di umanità.
Come potrei continuare a credere in Dio, e allo stesso tempo ascoltare chi ha ridotto la fede a strumento di potere.
Chi oggi, proprio grazie a quella manipolazione, siede nei tribunali, nei ministeri, nei comandi, perfino negli ospedali.

Una classe dirigente indegna, che ha trasformato ciò che doveva essere presidio del bene comune in una caricatura burocratica.
E peggio ancora sono quelle figure religiose che benedicono la menzogna, che offrono sostegno morale a chi usa la religione per dominare, ingannare, giustificare la prevaricazione.
Questi non sono pastori. Sono complici.
Miserabili senza luce.
Senz’anima.

Ai primi non affiderò più la mia fiducia. Ai secondi non concederò rispetto.
La fiducia e il rispetto vanno riservati a chi serve con sacrificio e silenzio. A chi agisce con rettitudine, e solo dopo, eventualmente, parla.

Provo una ripulsa profonda verso chi calpesta la dignità della gente onesta.
Disprezzo chi guida uomini armati contro i propri fratelli, magari indifesi.
Chi spara sui disperati come fossero bestie da fermare ad ogni costo.
Chi sceglie di ignorare il dolore pur di salvare i propri privilegi.
Chi si gira dall’altra parte per non sporcarsi le mani.

È il modo più vile di esistere. È la cifra di chi non conosce Dio.
Nemmeno se, illudendosi, prega, si inginocchia in chiesa, si confessa a sacerdoti compiacenti, e quindi corrotti.
Quella non è fede. È ipocrisia.
È bestemmia travestita da devozione.

Sì, per come vedo io le cose chi vive così è senza Dio. E resterà senza il Padre per l’eternità.

«L’inferno è vuoto, i demoni sono tutti qui sulla terra.»
L’ho letto stamattina. E credo non sia una metafora. È una verità cruda.

Spesso immagino l’inferno come un luogo remoto, destinato a chi ha fallito.
Ma io credo che l’inferno sia qui.
I demoni camminano tra noi, operano ogni giorno, arruolano i più fragili, insinuandosi in ogni atto d’indifferenza, in ogni abuso impunito, in ogni complicità silenziosa.

Sono altresi certo che Dio non si lascia ingannare dalle apparenze. Perché Dio guarda il cuore.
È inattaccabile, come l’amore più puro.
È pronto ad abbracciare chiunque si pieghi con sincerità.
Chi prega e si dona, per chi ama, per chi soffre, per chi ha bisogno di bene, in qualunque forma quel bene si manifesti.

Dio accoglie chi si è speso fino in fondo per gli altri.
Non chi ha ripulito la coscienza con qualche briciola di carità.
Non chi ha usato la beneficenza per mascherare il proprio ego.

Accoglie chi si consuma per l’altro.
Chi non dorme di fronte all’ingiustizia.
Chi non tace davanti alla violenza.
Chi si ribella alla prevaricazione, ovunque essa si presenti.

Questa, per me, è fede.
Questa, per me, è verità.
Questo è il volto di Dio, secondo il mio sguardo.

Non è necessario credere in Dio. Perché Dio ama anche chi non crede in Lui.
La fede richiede delicatezza, chiarezza, rispetto reciproco.
Non serve convincere nessuno dell’esistenza del Padre.
Serve vivere secondo quei principi che rendono giusto un essere umano.