IL VALORE DEGLI OPPOSTI

Ci sono parole che, lette per caso, ci restano dentro e diventano stimolo di riflessione. Come mi piace fare, mi fermo sui pensieri, provo a dare loro forma per poi trasformarli in scrittura e condividere ciò che percepisco e vivo.

Così, leggendo un breve testo dedicato alla convivenza degli opposti, è nato un pensiero frutto della mia idea di considerarli parti inseparabili di un unico tutto.

Per abitudine o per educazione quando ci troviamo in una situazione conflittuale dove gli opposti emergono, percepiamo un conflitto, un ’arena di scontro, una fase in cui qualcosa o qualcuno deve prevalere sull’altro.

Cresciuti dentro schemi che banalizzano e semplificano, siamo stati indotti a pensare quasi solo in termini di conflitto: bene contro male, ragione contro cuore, calma contro furia.

Eppure la realtà è un’altra, più sottile e non violenta: nel conflitto si possono trovare spazi di incontro, si può alimentare un dialogo silenzioso, può rivelarsi quella tensione utile a generare l’armonia necessaria all’esistenza. Come narra il breve testo che ho letto e come la vita mi ha insegnato, sarebbe un errore considerare gli opposti antagonisti tra loro, qualcosa da arginare in qualche modo, una ferita da nascondere: semmai sono il respiro alternato che ci accompagna, il dialogo incessante tra ciò che illumina e ciò che oscura, tra la forza e la vulnerabilità, tra il dubbio e la certezza.

Arriverebbe ad abbracciarci il giorno senza una notte che lo precede? Esisterebbe il suono senza il silenzio che lo incornicia? La verità è che ogni opposto svela il suo senso solo nell’abbraccio con il suo contrario.

Opportuno allora considerare che dentro di noi non abita una sola entità. Non siamo solo luce, né siamo soltanto ombra: siamo il loro intreccio, la loro fusione, un chiaroscuro che ci rende vivi. La calma non annulla la furia: semmai la contiene, la guida, la trasforma. La tenerezza non per forza si oppone alla fermezza: può completarla. Ragione e intuito non combattono tra loro, possono intrecciarsi come due voci che, solo unite, riescono a comporre la sinfonia delle nostre azioni.

Accettare la propria dualità non significa resa, ma riconoscere che la vita non si lascia ridurre a semplificazioni. È un atto di forza, un gesto di consapevolezza. È saper vedere che la bellezza non nasce dall’eliminazione delle nostre contraddizioni, ma dalla loro convivenza. Ogni parte di noi, anche quella che temiamo o che siamo stati indotti a nascondere, custodisce un frammento di autenticità.

L’errore più grande che possiamo commettere è fingere che una metà non esista: così facendo spezziamo l’equilibrio e indossiamo una maschera fragile, che presto rivela la sua incompletezza. Probabilmente condizionati dalla società, con le sue regole di apparenza e conformità, siamo spesso indotti a scegliere un solo lato di noi da esibire. Ma ciò che resta nascosto non scompare: continua a vivere in noi, reclamando ascolto, cercando un varco per trovare luce.

Dalla contrapposizione delle polarità che animano la psiche umana si può generare il dubbio, e nemmeno quello è un nemico da cancellare in fretta: può rappresentare una grande opportunità, il varco capace di condurci verso una certezza più solida. Solo chi accetta la propria parte più ombrosa può riuscire a brillare di luce autentica; solo chi riconosce e accetta la propria fragilità può riuscire ad attingere a una forza interiore più profonda.

E da questa consapevolezza, riaffiorata leggendo quelle parole e maturata nell’esperienza personale, ha preso forma questo pensiero: un breve percorso tra riflessioni e immagini, per provare a vedere nei contrasti non un limite, ma un’autentica occasione di verità. Importante imparare a convivere con i propri contrasti, gestire e vivere il proprio dualismo e trasformare tutto in una nuova opportunità.

L’incontro tra gli opposti non va mai visto come minaccia. Esso rappresenta il respiro alternato dell’esistenza, ciò che può dare senso al nostro cammino. E se impariamo a lasciarci vivere in esso, senza volerlo spegnere o rinnegare, scopriamo che è proprio lì, nella convivenza di luce e ombra, che si trova il nostro equilibrio più vero.