Andare oltre il veleno del presente

Sono consapevole di tornare su un tema che ho già affrontato in altre occasioni, sebbene da prospettive diverse. Eppure, certi interrogativi restano vivi, anzi, si fanno più urgenti man mano che gli eventi si moltiplicano e si intrecciano sul nostro cammino. Ogni epoca di crisi costringe l’uomo a interrogarsi non solo sui fatti esteriori, ma anche sulla propria capacità di giudizio. “Non sono le cose a turbarci, ma l’opinione che abbiamo di esse”: così insegnava Epitteto, di cui ho letto stamattina alcuni pensieri nel mio girovagare tra le letture disponibili. Se è vero che non possiamo evitare i conflitti e le ingiustizie, resta però nelle nostre mani la possibilità di reagire con lucidità, per non cedere al veleno dell’odio. Riflettere sugli avvenimenti significa dunque riflettere su noi stessi, sulle lenti con cui scegliamo di guardare il mondo.

Siamo pericolosamente esposti al rischio concreto di un allargamento del conflitto in Europa. Intanto, ai confini dell’avamposto occidentale in Medio Oriente, la violenza continua a manifestarsi con una brutalità che lascia sgomenti. Chi conserva un frammento di lucidità e sensibilità non può restare indifferente.

Allo stesso tempo, non ritengo così scontato aderire a grandi manifestazioni o ad altre iniziative di massa. Spesso si presentano come azioni benevole, improvvisate da improbabili anime pure risvegliatesi dal torpore che domina in un Occidente sazio, distratto e prepotente. Queste manifestazioni, spesso tardive, finiscono per diventare palchi utili solo a offrire visibilità a chi è sempre pronto a sfruttare l’occasione e a riproporre la solita retorica, senza portare sostanza alla causa. Malgrado questo sgradevole dettaglio, resta viva la speranza che un giorno possano emergere iniziative autentiche, capaci di ispirare e coinvolgere le persone verso un cambiamento vero.

Ciò che manca drammaticamente è la capacità di osservare gli eventi senza rimanere intrappolati nei soliti schemi prestabiliti, nelle appartenenze o nel più banale conformismo. Sono questi gli ostacoli che offuscano la comprensione, piegando la realtà agli interessi e ad arcaiche ideologie.

Le prese di posizione diffuse sui social, nei media o nei discorsi quotidiani mostrano quanto sia difficile liberarsi dalle convinzioni radicate e dalle narrative di parte. I media stessi, sempre più schierati, hanno ormai rinunciato a qualsiasi forma di neutralità. Eppure la realtà resta comprensibile: servono volontà, spirito critico, coerenza e soprattutto il desiderio sincero di svincolarsi dai condizionamenti che serpeggiano ovunque.

Occorre ritrovare equilibrio e autenticità. Davanti a eventi tanto gravi non possiamo rifugiarci nei soliti schieramenti o nelle zone di conforto. Il mondo è cambiato profondamente e con esso il modo di informarci: le fonti sono sempre più numerose e non sempre affidabili.

L’antidoto resta il pensiero critico, sostenuto da una forte coerenza interiore. Qualcosa di solido che non si pieghi mai al compromesso. Serve il coraggio di rinunciare agli schemi del passato per affrontare i paradossi del presente. Continuare a leggere la realtà con le lenti degli anni settanta o ottanta non sarebbe solo incoerente, ma ingiusto verso se stessi.

Soprattutto, non si può ignorare la violenza che attraversa il presente. Le immagini di donne, anziani e bambini innocenti colpiti scuotono nel profondo e suscitano un senso di vergogna difficile da placare. Lo stesso vale per i genitori che non rivedranno più i loro figli, o che li ritroveranno segnati nel corpo e nell’anima.

Basta ricordare la paura provata per un ritardo, per una malattia passeggera o per un trauma improvviso capitato a un proprio figlio per intuire l’abisso di chi vive perdite reali e irreparabili ogni giorno.

Il pianeta è abitato da esseri umani molto diversi tra loro. Alcuni incapaci di fare del male persino a un insetto; altri capaci di infliggere le peggiori sofferenze con fredda impietosità, tornando subito dopo alla vita di tutti i giorni come se nulla fosse.

Questa differenza abita anche le stanze del potere: dove sono pochi quelli guidati da empatia e giustizia, molti invece quelli spinti da avidità, calcoli e cinismo. Riconoscerlo è il primo passo per non idealizzare chi governa e per restituire credibilità a una società che rischia di smarrirsi.

Se non interpreto male il pensiero di Epitteto; non sono le cose a turbarci, ma l’opinione che abbiamo di esse. Non abbiamo il controllo sugli eventi, ma possiamo scegliere la nostra reazione.

Il male e i serpenti (conflitti, ingiustizie, rabbia) ci saranno sempre. Fingere che non esistano è illusione. Ciò che conta è non lasciare che il veleno entri dentro: non la rabbia, non l’invidia, non la disperazione.

Interpretando lo spirito della filosofia stoica, immagino lo stoico che osserva il serpente: lo riconosce, lo studia e prosegue il cammino senza concedergli potere. Non è indifferenza, ma consapevolezza: non aggiungere veleno al veleno, non sommare odio a odio, rabbia a rabbia. È scegliere lucidità e integrità come risposta.

La chiave per affrontare i problemi del mondo è già tra le mani: basterebbe guardare agli eventi come se accadessero nella propria casa, ai propri figli. Nessuno sano di mente porterebbe dolore, vergogna o morte nella casa di un altro per difendere la propria.

È un obbligo morale ritrovare la razionalità e comprendere che tutto ciò che non è umano non può mai essere giustificato. Né la politica, né l’opportunismo, né le strategie di potere.

Di fronte alla cronaca e alle realtà geopolitica, usare la logica può essere buona guida. Sappiamo distinguere un’aggressione da una provocazione, comprendiamo cosa alimenta una lite e cosa la placa, conosciamo le dinamiche di forza nei rapporti tra persone e istituzioni, come tra le diverse nazioni e le note superpotenze.

Serve il coraggio di applicare questa stessa sapienza anche davanti ai grandi avvenimenti del mondo.

Forse scopriremmo che, al di là dei serpenti sul cammino, ciò che conta davvero è la capacità di non farsi mordere, di non cedere alla disperazione. In quella coerenza interiore nasce la forza, minima ma necessaria, per incidere nel reale e forse fermare la follia.

La forza interiore non è mai un traguardo, ma un cammino che si rinnova ogni giorno. Continuare a interrogarci, senza cedere al conformismo e senza abbandonare la coerenza più autentica, è forse l’unico modo per restare umani.

Se diamo forza alla verità, il mare dei volenterosi potrà davvero non rendere vana ogni navigazione verso la speranza.