
Talvolta la storia ci sorprende, costringendoci a fermarci e a guardare più a fondo.
Forse siamo davvero giunti a un bivio. Qualcosa potrebbe accadere tra le persone, potrebbe presentarsi l’occasione di compiere uno sforzo decisivo per oltrepassare i muri che abbiamo eretto dentro di noi. Potrebbe rivelarsi davvero una grande opportunità.
La crudezza e il dolore che questa fase storica infligge a interi popoli, con il Medioriente nella forma più dura e insopportabile, in qualche modo ci offrono l’opportunità di cambiare approccio con la realtà, così spesso distorta e manipolata nei nostri giorni.
Forse abbiamo l’opportunità di essere protagonisti di quell’attimo che può mutare il corso della storia: prendere coscienza, superando l’istinto e l’abitudine di interpretare ogni cosa solo attraverso il filtro delle proprie convinzioni e appartenenze ideologiche.
Ormai chiunque possieda un minimo di alfabetizzazione, come chi dedica abitualmente tempo alla lettura o chi ama indagare e approfondire, è certamente nella condizione di comprendere le dinamiche dei fatti. Basta concedere spazio alla ragione — che è patrimonio di tutti — nutrendola con analisi, riflessione e paziente discernimento.
Stiamo attraversando una fase dell’esistenza in cui l’odio è riuscito a mettere radici profonde. È diventato la valvola di sfogo di frustrazioni, ingiustizie e paure che condizionano l’esistenza di molti.
Eppure, ritrovando spessore e lucidità, potremmo accorgerci che l’odio è un sentimento illusorio: non segno di potenza, ma impietosa prova di debolezza.
Quando rabbia e risentimento prendono il sopravvento, l’individuo finisce per dare il peggio di sé. Si rifugia in slogan vuoti, si aggrappa a ideologie sempre più fragili, si perde nella sterile ricerca di nemici immaginari.
Diventa invece un’opportunità il confronto con chi è cresciuto su basi ideologiche diverse dalle nostre.
Se impariamo a considerare i ragionamenti e le visioni che provengono da prospettive differenti non come una minaccia, ma come un appiglio per cercare coesione, allora lo scontro e l’inutile invettiva possono lasciare spazio alla comprensione e alla crescita.
In questo modo anche la differenza diventa una straordinaria occasione.
La storia ci mostra che certi ingannevoli meccanismi non nascono mai dal nulla: qualcuno li alimenta sempre. Poteri e interessi che traggono vantaggio dal dividere, riducendo le persone a soggetti prevedibili, incatenati a emozioni elementari.
Non è sufficiente riconoscere e denunciare l’odio o condannarne gli effetti: occorre andare più a fondo. La coscienza non è un dono garantito, ma una possibilità da coltivare.
È come un seme che senza nutrimento muore. “Fare anima”, come hanno sottolineato filosofi e pensatori del nostro tempo ed altri che li hanno preceduti, è un cammino volontario e spesso doloroso, che richiede presenza, attenzione, immaginazione.
Senza questo lavoro interiore restiamo intrappolati in automatismi inconsci, ripetendo schemi che altri hanno scritto per noi.
Certamente non possiamo illuderci di costruire una nuova umanità con gli stessi strumenti che hanno generato la vecchia: odio, violenza, vendetta vanno abbandonati.
Ciò che serve adesso sono atti deliberati di conoscenza, bellezza, armonia: gesti che restituiscano dignità all’essere umano e spezzino l’incantesimo della meccanicità.
Quello che scrivo non è un ingenuo appello all’utopia, ma semmai una convinzione: l’unica vera rivoluzione possibile nasce dalla coscienza.
Riconoscere i propri limiti, assumersi le proprie responsabilità, resistere alla tentazione più facile e distruttiva, odiare.
Solo così il malcontento potrà trasformarsi in energia creativa, anziché in una forza cieca che ci divora dall’interno.
Se davvero qualcosa deve accadere per cambiare il nostro tempo, non servirà a nulla proseguire nella personale battaglia contro il “nemico di turno”.
Sarebbe invece necessario ritrovare la strada maestra: il coraggio di pensare davvero con la propria testa, di non lasciarsi incatenare da condizionamenti esterni, di coltivare consapevolezza e presenza.
Occorre davvero rimettersi al lavoro per edificare sulle fondamenta solide della coscienza e della responsabilità.
Il momento è questo. Adesso.