
Mentre la vita corre veloce verso quella fase dell’esistenza in cui la fatica non è più una condizione passeggera, la malattia non è più qualcosa da affrontare con leggerezza e il tempo non è più uno spazio da trascurare perché abbondante, cresce in me il desiderio di esplorare orizzonti ignoti alla spensieratezza della gioventù.
Mi piace guardare alla vita come a un semplice passaggio: non qualcosa che si esaurisce nella materia o nel tempo, ma un’esperienza che ci prepara a un livello d’esistenza più profondo.
Non possiamo affermare con certezza cosa ci sia oltre, ma possiamo vivere come se tutto ciò che facciamo adesso avesse un significato che continua.
Ogni azione, ogni scelta, ogni sofferenza può essere una piccola lezione per l’anima, una tappa di un percorso che non si ferma con la fine del corpo.
Vivere in questa prospettiva cambia tutto.
Non si vive più solo per accumulare esperienze, successi o ricordi, ma per crescere.
Crescere non nel senso di apparire più forti o più saggi agli occhi del mondo, ma di maturare interiormente, imparando ad abitare la vita con più presenza, serenità e amore.
La vita non come possesso, ma come preparazione: un campo da coltivare, dove ogni gesto ha un peso invisibile che ci plasma e ci accompagna oltre ciò che vediamo.
Da quando ho dato più spazio alla meditazione, alla lettura e all’ascolto silenzioso, ho cominciato a viaggiare tra i testi di filosofia stoica, una scuola che affascina la mia mente e nutre il mio spirito.
Principi che non promettono felicità immediata né illusioni di controllo, ma offrono un orientamento per distinguere ciò che dipende da noi da ciò che non dipende da noi.
Insegnano a non fuggire dagli eventi, ma ad affrontarli con fermezza, riconoscendo che non sono le cose a turbarci, bensì i giudizi che diamo su di esse.
È una filosofia che addestra il cuore alla pace e la mente alla lucidità.
Il suo insegnamento più grande è che la libertà non nasce dal potere, ma dal distacco: dalla capacità di accettare ciò che è, senza smettere di cercare il bene.
Accanto a questa disciplina dell’anima, rimane viva in me la voce della fede cristiana, che porta una luce diversa: quella dell’amore.
Un contrasto non ruvido, ma deciso, che trova oggi una forma più chiara nella mia vita.
Dove lo stoicismo insegue la serenità attraverso la ragione, la fede la trova nel donarsi agli altri senza pretendere nulla in cambio.
La fede insegna che non basta dominarsi per essere liberi: bisogna amare.
Non si tratta solo di sopportare il destino, ma di trasformarlo in un atto di fiducia, consegnandosi alla vita come a qualcosa di buono, anche quando non lo sembra.
Dove lo stoicismo parla di equilibrio, la Parola parla di abbandono.
Dove il filosofo cerca la virtù, il credente cerca la grazia.
E nel profondo credo che queste due vie non si escludano, ma si completino.
Ieri, nel freddo dei colli piemontesi, ho incontrato un religioso: un padre anziano, dal volto solcato da rughe profonde. Avvolto nella sua tunica, si proteggeva dal gelo e dall’umidità.
È stato un incontro casuale, ma denso di significato, reso particolare da un’intesa immediata, nata dal primo sguardo.
Abbiamo condiviso una lunga conversazione sui suoi pensieri, raccolti in un memoriale di cui poi mi ha donato una copia.
Camminando tra i sentieri che circondano la chiesa e il convento, abbiamo parlato con piacere e rispetto reciproco: parole scelte, ponderate, sincere.
Abbiamo letto insieme anche alcune mie riflessioni, salvate nel mio piccolo archivio digitale, che fluttua nella rete in attesa della prossima increspatura del pensiero che la mia mente inquieta partorirà.
«Ogni riflessione sulla vita nasce dal mistero della morte.»
Quando il corpo si spegne e l’“io” sembra tacere, rimane in noi una domanda che non si lascia zittire: davvero tutto finisce qui?
Sosteneva, con voce calma e sicura, che anche chi non crede avverte che la vita non può ridursi a un semplice passaggio verso il nulla; in noi esiste qualcosa che tende a durare, a oltrepassare il confine del corpo.
Non è solo una speranza antica o un’idea fragile che resiste all’evidenza della fine, ma una tensione viva: tra il limite della carne e il desiderio d’infinito prende corpo il vero valore del nostro cammino.
È questa tensione che ci spinge a cercare un senso più profondo, a intuire che ogni respiro, ogni dolore, ogni atto d’amore ha un significato che non si esaurisce nel tempo.
Forse la vera crescita spirituale nasce proprio qui, dove la fermezza dello stoico incontra la tenerezza del credente, dove la ragione si fonde con la compassione e la virtù si apre alla misericordia.
Imparare a vivere con disciplina, ma anche con compassione; coltivare la virtù senza dimenticare la misericordia; allenare la mente al silenzio e il cuore alla fiducia: questa è, forse, la più alta forma di libertà.
E così avanzo, mentre il mio corpo mi ricorda a che punto del percorso sono giunto.
Ogni giorno diventa un’occasione di preparazione.
Ogni dolore, una prova di pazienza.
Ogni gioia, un’anticipazione dell’esistenza che sarà.
E quando la vita sembra giungere al suo termine, in verità non fa che aprirsi, come un sentiero che si perde nella luce.